Riabituarsi alla vita di tutti i giorni dopo aver assaporato il gusto dell’ignoto nel deserto del Marocco è stato piuttosto difficile. Maya ha cercato qualcosa che le ricordasse lo stato d’animo che l’accompagnava durante quel viaggio. È complicato ricreare con precisione un’emozione, una condizione: darle una forma. Ancor più arduo se si pensa di volerlo fare in un ambiente casalingo, come quello della cucina. Interpretare i valori che una persona preserva con cura, quasi con gelosia, non è una cosa di poco conto. Si deve tenere bene a mente ciò che si cerca, indagare quali siano i bisogni che ci contraddistinguono.
Maya sogna le linee avvolgenti e calde della sabbia del Sahara, qualcosa che seppur giunga da lontano abbia l’odore di casa sua. In fondo non c’è niente di meglio che sentirsi parte del mondo stando in casa propria. Questa connessione che Maya tanto ha desiderato finalmente l’ha trovata nella cucina di casa.
“Non pensavo che una cucina potesse essere in grado di comprendere le mie esigenze, anche perché è uno spazio che non ho mai vissuto completamente come vivibile. Credo di non averlo mai concepito in modo appropriato perché non avevo i mezzi adeguati per comprenderlo. Ora posso dire di aver trovato finalmente ciò di cui avevo bisogno.”
Quando l’arredamento entra in contatto con l’uomo, ne comprende il linguaggio, è allora che si attua quella trasformazione da mero strumento di uso comune in parte vivente e vibrante.
Alla fine di un viaggio si raggiungono sempre nuove consapevolezze.